Il lato oscuro dello smart working

Il lato oscuro dello smart working

Qualche mese fa il sindaco di Milano, Beppe Sala, ha lanciato un primo allarme sul lato oscuro dello smart working. In una lettera al Corriere della Sera spiegava l’urgenza di evitare l’Effetto Grotta mettendo in guardia dai rischi per il settore della ristorazione e dei trasporti in caso di smart working per sempre. A mesi di distanza dalla riapertura post emergenza sanitaria centinaia di grandi realtà hanno deciso di consentire ai dipendenti di lavorare da casa fino alla fine dell’anno. È così in tutto il mondo tanto che anche l'Economist ha deciso di dedicare una copertina alla questione e al tema dei centri città fantasma.  

In Italia diverse multinazionali hanno scelto di prolungare l'esperienza di smart working dei dipendenti. È il caso di Eni che ha deciso di rendere il lavoro in remoto permanente: attualmente soltanto il 15% dei dipendenti è ritornato in sede e l’obiettivo è arrivare al massimo al 65% lasciando in remoto il 35% delle persone. Anche in Tim, per citare un secondo caso, si lavora da remoto: ad oggi sono 36 mila su 43 mila i dipendenti in smart working per il 100% dell’orario di lavoro. Dal 15 ottobre ciascuno di loro sceglierà se rientrare in sede. Ma cosa comporta il lavoro da remoto perenne per quelle attività che vivono della presenza dei lavoratori? 

Trasporti e mense
Si prospettano mesi di grande sofferenza. Sul fronte dei trasporti secondo le stime dell’Anav, l’associazione delle aziende di trasporto pubblico locale aderente a Confindustria, la riduzione media di passeggeri trasportati nel periodo gennaio-agosto, rispetto allo stesso periodo del 2019, è stata pari a circa due miliardi di unità (il 60% circa). Lo smart working prolungato inoltre avrà un impatto sulle mense: come ricordato dal Sole24ore si «potrebbe tradurre in 340 milioni di pasti in meno serviti dalle mense aziendali nel 2020». Il che significa lavoratori a casa e crollo del fatturato per le aziende che si occupano di ristorazione aziendale. A giugno la ristorazione aziendale segnava un calo del 68% del fatturato. I ricavi dell’intero comparto passeranno dai 4 miliardi del 2019 a poco più di 2,7 nel 2020, un crollo del 34%.

Intorno al mondo degli uffici ruota poi il settore del Facility Management che riguarda la gestione degli immobili: dall’accoglienza, alla manutenzione. Un comparto che dà lavoro a 300 mila persone. «Scenari immobiliari - scrive Il sole24ore - ha stimato una flessione tra il 5 e il 10% del fatturato per queste realtà». C’è poi ovviamente la questione pausa pranzo. Fipe-Confcommercio ha lanciato l’allerta a luglio sostenendo che «il 65,2% delle attività di ristorazione e alloggio rischiano la chiusura, con danni incalcolabili in termini economici e sociali». Resta quindi da ragionare su che tipo di città vogliamo per il futuro. Centri storici fantasma e periferie brulicanti di smartworkers? Oppure ha senso optare per una mediazione tra vecchio e nuovo mondo del lavoro nel post covid-19?

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