Non di solo export possono vivere le Pmi

Non di solo export possono vivere le Pmi

Ora che si inizia a parlare di riaperture, pochi giorni fa il premier Draghi in conferenza stampa ha indicato il 26 aprile come data di ritorno alle fasce gialle, i settori più colpiti dalle chiusure legate alla pandemia possono sperare in una ripartenza. Certo, il tema per i prossimi mesi sarà far ripartire i consumi interni al palo da quasi un anno. A febbraio per citare un dato dell’osservatorio Confimprese Ey i consumi interni sono scesi in Italia di quasi il 36%.  Abbigliamento e ristorazione, come prevedibile, sono i comparti più colpiti. Tecnici ed economisti però si chiedono se la ripresa dei consumi interni possa essere sufficiente a ridare slancio all’economia del Paese.

Probabilmente no, ma darebbe maggiori chance alle nostre aziende di rialzare la testa. Di certo c'è che l’export, nella fase emergenziale che stiamo vivendo, ha permesso a milioni di piccole medie imprese di restare a galla e affrontare la pandemia. Il made in Italy ha retto bene l'urto della crisi. Per fare un esempio basta guardare alla tavola. Nell'anno della pandemia l'agroalimentare italiano non solo tiene ma, anzi, rilancia crescendo in alcuni mercati anche a due cifre. Come scrive Daniele Manca sul Corriere della sera questo porta a: «una riflessione su quanto ancora il made in Italy sia in grado di restituire al Paese e come far sì che le aziende siano sempre più agevolate e sostenute nel rifornire filiere e mercati esteri». L'attenzione però andrebbe spostata anche sui servizi e consumi interni.

In questo senso il Recovery plan, in presentazione entro fine aprile, può fare molto. Soprattutto per sostenere quelle piccole e micro attività che sinora non hanno avuto prospettive certe. Un primo passo sono stati i cosiddetti Sostegni, ora la sfida è sostenere le famiglie per rilanciare la domanda interna di beni e servizi. A vantaggio soprattutto dei piccoli, spesso meno attrezzati alla dura competizione oltre confine.

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