L’economia globale (e italiana) nel 2023: 4 trend

L’economia globale (e italiana) nel 2023: 4 trend

Con il 2023 arrivano le consuete previsioni economiche per i prossimi 12 mesi. Ci si chiede come evolveranno i mercati finanziari, come cambierà il mercato del lavoro, quali prospettive per la crescita del nostro Paese in uno scenario internazionale estremamente complesso.  Si pensi solo alla geopolitica, agli equilibri europei, alla guerra in Ucraina o alla crisi del gas. Ecco quindi alcuni dei trend macroeconomici da considerare per l'anno in arrivo.

La crescita e il pil

Sulle stime di crescita globale l’orizzonte non è senza nuvole. L’elevata inflazione, trainata dall’andamento dei prezzi delle materie prime energetiche, e l’orientamento restrittivo della politica monetaria nei principali paesi, si aggiungono all'incertezza sull’evoluzione della guerra tra Russia e Ucraina. Si tratta di fattori che rappresenteranno nel 2023 un freno all’economia mondiale. La Commissione Europea, non a caso, ha rivisto al ribasso le stime di crescita del Pil mondiale per il biennio 2022-2023 (rispettivamente +3,1% e +2,5%). L’economia italiana, cresciuta a ritmi sostenuti nel 2022 con il Pil che ha segnato +3,9%, rallenterà  nel 2023 crescendo solo dello 0,4%. Secondo l’Istat nelle sue Prospettive 2023 l’aumento lieve del Pil sarà sostenuto dalla domanda interna  (+0,5%) mentre la domanda estera segnerà -0,1%.

Inflazione e tassi

Protagonista del 2022, l’inflazione continuerà a rimanere elevata nelle economie avanzate (anche se ci sono segnali di rallentamento). Negli Stati Uniti seppur in decelerazione, si è mantenuta su livelli elevati (+7,7% tendenziale a ottobre da +8,2% a settembre) nonostante i consistenti rialzi dei tassi voluti dalla Fed: a novembre hanno subito il quarto incremento consecutivo di 75 punti base, attestandosi nell’intervallo tra 3,75-4%. Complice il caro-vita, secondo l'Istat la crescita dell’economia statunitense registrerà una decisa decelerazione nel 2023 (+0,7%).

Nell’area euro l’inflazione ha mostrato un primo rallentamento a novembre (10,0% tendenziale dal 10,6% di ottobre). L’indice core, salito al 6,6% dal 6,4% di ottobre, è ancora sostenuto principalmente dai prezzi dei beni e in misura meno rilevante da quelli dei servizi. Secondo la Commissione europea la ripresa dei ritmi produttivi  segnerà però un deciso rallentamento nel 2023 (+0,3%).

In Italia a novembre l’inflazione acquista si attesta all’8,1%, mentre quella al netto dei beni energetici al 4,1%. Scrive l’Istat: «Nel prossimo anno, sotto l’ipotesi favorevole che inizi una fase di decelerazione dei prezzi dei beni energetici, l’andamento favorevole degli investimenti, sostenuti da quelli pubblici legati all’attuazione del Pnrr, costituirebbe il principale fattore di traino dell’economia mentre la domanda estera netta fornirebbe ancora un contributo negativo».

Lavoro: crescita contenuta

Se nel 2022 l’occupazione, misurata in termini di Ula, segnerà una crescita superiore a quella del Pil con un aumento del 4,3%, nel 2023 ci si attende un più contenuto +0,5%. «Il miglioramento dell’occupazione - spiega l'Istat - si accompagnerà a quello del tasso di disoccupazione che scenderà sensibilmente quest’anno (8,1%) per poi registrare un lieve rialzo nel 2023 (8,2%)».

Nel 2023 potrebbe poi interrompersi il cosiddetto boom dell'indeterminato. L'Inps ha recentemente pubblicato i dati dell’Osservatorio del precariato rilevando un elemento importante nel 2022: 937 mila attivazioni per i contratti a tempo indeterminato (+31%). Da gennaio ad agosto 2022 si è registra  una «crescita significativa di tutti i contratti» con un’accelerazione dell’indeterminato che non si vedeva dal 2015.  Un fenomeno di stabilizzazione del lavoro dipendente, in larga parte legato al rimbalzo post pandemico, che potrebbe ridursi con il rallentamento dell'economia. 

Investimenti 

La fase di ripresa economica in Italia è stata poi guidata dal recupero degli investimenti  «la cui quota sul Pil, misurata a prezzi correnti, è aumentata nel terzo trimestre del 2022 di 3,6 punti percentuali rispetto alla media del 2019 attestandosi al 21,6%. Un livello ancora inferiore a quello osservato in Francia e Germania (rispettivamente 25,2% e 22,8%) ma superiore a quello della Spagna (20,8%)», aggiungono dall’Istat.  La crescita è stata trainata dagli investimenti in costruzioni (+12,8%), in impianti macchinari e armamenti (+11,6%). Sulla prima voce nel 2023 peserà quindi il superamento del superbonus al 110% con l’aliquota che scenderà al 90%.

«Il rinnovo da parte del governo delle misure di sostegno al settore delle costruzioni, la realizzazione del piano di investimenti pubblici previsti dal Pnrr e i timidi segnali di ripresa della fiducia nelle imprese, sono elementi che dovrebbero compensare i segnali negativi provenienti dal peggioramento delle attese sulla liquidità tra le imprese manifatturiere, l’aumento dei costi di produzione e la politica monetaria meno accomodante prevista per il 2023», conclude l'Istat.

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